Curnuti
Cè una filastrocca ferocissima messa in giro dai Torchiarolesi sul conto degli abitanti di San Pietro Vernotico: «Santu Pietru. / cuti-cuti / randi e piccinni / tutti curnuti» (A San Pietro grandi e picC coli sono tutti cornuti). Tuttavia i Sanipietrani non si sono risentiti più di tanto e hanno girato il senso della filastrocca dicendo che le corna indicano anche abbondanza, cosa che a San Pietro c’era, ma non a Torchiarolo. La fantasia non mancava. I simboli emblematici di San Pietro sono la bandiera, la torre e il corteo. La città non è lontana dal mare, ma i suoi cittadini erano convinti che dal mare potessero giungere solo guai. E avevano ragione, soprattutto in passato quando le scorrerie di Turchi e pirati si spingevano fino all’entroterra. Di una di queste scorrerie i Sampietrani stavano per essere vittime nel 1480, al tempo della presa di Otranto. Quell’anno i Turchi di Akmet Pascià, dopo aver fatto capitolare il caposaldo della cristianità, si dettero a saccheggiare quante più città potevano. Sbarcarono sul litorale, dunque, e puntarono su San Pietro, ma sotto le mura della città furono respinti dagli abitanti che riuscirono anche a strappare la bandiera agli assalitori. Da allora quel vessillo, divenuto simbolo di speranza, viene messo all’asta nella prima settimana dopo Pasqua, e la famiglia che se l’aggiudica con l’offerta più alta ha il diritto di custodirla nella propria casa per un anno.
La Torre è un’appendice della bandiera, perché fu costruita nel XVI secolo quando la paura (di cui essa è emblema) che i Turchi potessero tornare indusse la città a pensare nuove strutture di difesa.Infine il corteo, che all’apice del suo splendore stava a significare l’esorcismo della paura delle invasioni. Ed era un corteo mascherato tutto particolare, con sfilate di carri che non si snodavano per le vie dei paese durante il Carnevale ma durante la Quaresima. Peccato che l’esorcismo non è durato a lungo, perché proprio in riva a quel mare insicuro è sorta la temibile centrale di Cerano. Paese ricco San Pietro Vernotico, con le costruzioni caratterizzate da uno stile moresco inveritato e le ville dei grandi imprenditori agricoli che si arricchirono vendendo il loro vino ai francesi quando in Oltralpe infuriava la fillossera, e ridimensionati quando la fillossera arrivò da noi. Nelle campagne, oggi, le colture ortofrutticole hanno preso il sopravvento sui vigneti sicchè i grandi stabilimenti vinicoli del paese sembrano reperti di archeologia industriale. Una rivoluzione colturale e culturale, che comunque ha assicurato nuova ricchezza a San Pietro. I cui abitanti possono continuare a rispondere ai velenosi vicini che le corna stanno a significare anche abbondanza.
Alcuni soprannomi individuali
Caccá (dal modo di balbettare), Castagnári (in passato trasportavano dalla Calabria con i traini immensi carichi di castagne), Castariéddhu (il gheppio; soprannome attribuito a un tale che ne imitava il verso), Ciddruzzieddhu (riferito alla statura piccola, come quella di un uccellino), Fascista (all’epoca era impeccabile nella sua divisa in nero), Fra-cipolla (gran mangiatore di cipolle), Frasulíno (personaggio della San Pietro anni Cinquanta, che viveva come un barbone. Era capace, per poche lire, di ingoiare persino pezzi di vetro. Domenico Modugno gli ha dedicato una canzone), Guazzúddhu (piccolo gozzo), Mangia-cornule (nel periodo bellico, di maggiori ristrettezze economiche, sopravviveva mangiando cornule), Musciu-riestu (gatto selvatico; carattere scontroso), Pagghlóddha (dal suo modo di incedere in maniera lenta e pigra), Quataráru (calderaio, nero e sporco come le grosse pentole, le «quatare», annerite dal fuoco), Ricchi-te-lepre (orecchio da lepre), Scarda (scheggia; indica ironicamente ragazza florida e formosa).