Latri Assassini
Brindisini (traduzione superflua): così un’ingiuria che viene soprattutto dal basso Salento. Anche in questo caso le origini sono storiche: si fa riferimento ai decreti con cui, a partire dal 1463, re Ferrante d’Aragona cercò di favorire il ripopolamento della città ed impedirne «la quasi finale ruyna et inhabitatione».
Sulla sponda opposta si erano ormai insediati stabilmente i Turchi che avevano dichiarato di considerare Taranto, Brindisi, Otranto e Gallipoli città di pertinenza dell’impero Ottomano: esse erano appartenute all’impero romano d’Oriente del quale la Sublime Porta si riteneva in rapporto di continuità e di eredità legittima.
Ma un porto come quello di Brindisi, il più importante del regno aragonese sull’Adriatico, non poteva essere abbandonato né si potevano accettare senza un minimo di reazione le pretese turche. Era indispensabile perciò favorire il ripopolamento della città e il suo ritorno al ruolo politico e strategico avuto in passato.
Si giunse così a una serie di provvedimenti che hanno avuto pochi precedenti in fatto di liberalità:
ai debitori che si fossero trasferiti a Brindisi si concedeva per cinque anni l’immunità dai creditori, e in seguito, la possibilità di rateizzare il dovuto; immunità, ancora, venivano riconosciute per chi abbandonava i feudi, a cui faceva seguito la pratica impossibilità per i baroni di ricondurli sotto la propria potestà. E ancora: vastissime agevolazioni fiscali, cariche statali, produzioni in esclusiva per tutta la Terra d’Otranto, ampie garanzie sulla libertà personale con la limitazione a pochissimi casi.
Sostanzialmente si trattava di franchigie per chi aveva commesso quelli che oggi vengono definiti reati finanziari, in poche parole per i debitori, ma siccome a quel tempo chi faceva debiti era considerato un poco di buono (un ladro nella migliore delle ipotesi, ma anche uno che all’occorrenza sapeva mettere mano al coltello), ecco che i decreti di Ferrante dettero più di qualche avallo all’ingiuria.
Dal basso Salento, soprattutto da Galatina, furono in molti a fissare fittiziamente la propria residenza a Brindisi per sfuggire ai creditori, accrescendo in questo modo la non lusinghiera fama di paradiso fiscale che la città adriatica si era conquistata. Per frenare questa tendenza si cercò di limitare la portata dei privilegi, ma i tentativi ebbero effimero successo e nella voce popolare Brindisi si consolidò appunto come rifugio di ladri e di assassni. Gli storici rinascimentali, diretti discendenti dei primi rifugiati, si affannarono ad addolcire l’immagine della città, che proposero come orgoglioso baluardo della Cristianità di fronte ai Turchi. Se ladri e assassini, dicevano, abitano Brindisi, da ladri e assassini dipendeva la salvezza del regno. Non avevano tutti i torti: la riconquista di Otranto, che era stata presa dai Turchi nel 1480, partì proprio da Brindisi dove Alfonso d’Aragona, figlio di Ferrante, aveva fatto confluire la flotta. Nonostante i tentativi di contenere gli abusi, i re napoletani, difesero sempre lo spirito di quei provvedimenti a favore di Brindisi: ai Turchi non si poteva opporre una città spopolata, né si poteva pretendere che la gente restasse m prima linea senza incentivi.
Quei provvedimenti raggiunsero lo scopo: almeno fino al secolo XVIII, Brindisi ebbe un intenso sviluppo demografico. A invertire la tendenza saranno gli sbagliati interventi sui delicati equilibri del suo porto. Ma questa è un’altra storia.
Alcuni soprannomi individuali
Baggiacarose. (bacia ragazze). Buscioni (grosso buco, fortunato). Cacapanari (caca panieri). Cacaturnisi (caca soldi). Camastra (catena per appendere la caldaia sul camino).
Candillinu (magro, come i tipici confetti di carnevale). Cascuiulu (dal nome di un pesce, per un difetto che all’occhio).Cicuriddhara (venditrice di cicoria). DI-biondo (dai colore dei capelli). Giovanni-la destra (camminava rasentando i muri, ma sempre sul lato destro della strada). Girafriscu (gira al fresco). Imbriacus (nel 1359 a Brindisi, Alexander Brancacius, «imbriacus», cioè ubriaco: è il più antico epiteto sopravissuto). Juni (da «juni», io. Nel secolo XVIII a Brindisi, un barone arrogante, che ha dato nome a “La Jeneide”, poema dialettale). Mangiaciucci (mangia asini). Mari-muertu (lento a muoversi, abulico). Ménza-banda (mezza banda). Mostazzuta (donna baffuta). Mozzica-vilenu (incline alla cattiveria). Muccugiallu (moccio giallo). Muzzunel (mozzicone). Pezzagnora (pezza nera). Pezzatecantru (pezza da cesso, sostituiva la cartaigenica) Pupazzu di uertu (così poco bello da sembrare uno spaventapasseri; letteralmente «pupazzo di orto»). Recchipandi (orecchie a sventola). Salsizza (salsiccia). Sciabbicotu (abitante delle Sciabiche). Sciabula storta (sciabola storta). Scianatico (dal carattere mutevole). Scuppittoni (pittore).